Cosa accadrà alla scuola ora che è cambiato il
governo e con esso il ministro dell’istruzione?
Possiamo cominciare a leggere alcune parti del
programma della coalizione vincente per restare
quantomeno sorpreso, se non sconcertati, fin dal
primo punto.
“Ripresa nella scuola di inglese,impresa, informatica”.
Mettere tra le prime parole “impresa” è
molto significativo: la nuova scuola diventerà
funzionale all’impresa; nella nuova scuola ai
ragazzi verrà insegnato ciò che serve alle
aziende; non si cercherà di sviluppare il pensiero
critico e la capacità di ragionare; non serve
all’impresa che un giovane ragioni e magari
capisca di essere sfruttato.
“Difesa del nostro patrimonio linguistico, delle
nostre tradizioni e della nostra cultura anche per
favorire l’integrazione degli stranieri”. Come si
può pensare di favorire l’integrazioni degli
stranieri chiudendosi nella propria cultura? Per
quanto sia interessante e importante conoscere
la propria storia la scuola dovrebbe fornire i
mezzi per poter comprendere anche le culture
degli stranieri che incontriamo ogni e con i quali
ci dobbiamo relazionare. Come potremmo
incontrarci con indiani, arabi, cinesi se non
conosciamo niente di loro?
Nel programma della coalizione vincente c’è
anche molto di non scritto che non va trascurato:
nessun riferimento all’intercultura, alla formazione
del pensiero critico, alla sperimentazione
di nuove forme di insegnamento, a un
dialogo del ministro con studenti e insegnanti.
Per non parlare della non-competenza nel
settore scolastico del nuovo ministro:
Mariastella Gelmini, 35 anni, avvocato.
Come può un avvocato comprendere bene i
problemi della scuola? Perché non mettere come
ministro un esperto dell’istruzione, che sia in
grado di capire davvero le esigenze del sistema
scolastico?
Ma per prevedere meglio quello che ci toccherà
possiamo andare a leggere una proposta di
legge che il nuovo ministro aveva fatto nella
precedente legislatura. Gli effetti, se questa
dovesse ora entrare in vigore, sarebbero i
seguenti.
1. I direttori potranno scegliere i docenti. E’
prevedibile che ciò permetterà ai dirigenti
scolastici di assumere insegnanti che la pensano
come loro, togliendo agli studenti la possibilità
di avere professori con metodi e idee diverse. Ci
sarà una cultura insegnata in maniera unilateale
(come durante il fascismo).
2. Gli istituti saranno in competizione tra
loro e a seconda della “produttività scolastica”
verranno attribuiti più o meno fondi. Così scuole
con situazioni complesse, che non aiutano
sicuramente la produttività, e per tanto più
bisognose, avranno meno fondi per risolvere i
loro i problemi e si creerà un divario ancora
maggiore tra chi sa e chi non sa. E, comunque, è
assurda la valutazione degli istituti scolastici a
seconda della loro produttività: noi studenti non
siamo macchine in cui inserire dati.
3. Le scuole si trasformeranno in
fondazioni, ne abbiamo parlato su un numero
(per saperne di più andate sul nostro sito
www.redazionepuntoacapo.blogspot.com
); sintetizzando questo porterà le aziende ad
avere un maggior controllo sulle scuole.
4. Reintroduzione piena degli esami di
riparazione, ripristinando una scuola che
seleziona, che aumenta il divario sociale, che
non aiuta tutti.
5. Assunzione di nuovi insegnanti con
contratti a termine di due anni. Così anche i
docenti saranno dei precari, ricattabili e con un
futuro e una pensione incerta.
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