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martedì 13 maggio 2008

Paranoid Park


Regia: Gus Van Sant
Interpreti: Gabe Nevins (Alex)
Dan Liu (detective)
Genere: drammatico
Anno: 2007
Nazione: USA - Francia
Paranoid Park è una pista per skate-board alla
periferia di Portland dove giovani di buona
famiglia e vagabondi si ritrovano per surfare sul
cemento. Per alcuni è una casa, per altri un luogo
di passaggio, per molti un traguardo irraggiungibile.
Come per Alex, il sedicenne protagonista di
questo film, che decide di trascorrervi una notte
di libertà guardando i ragazzi salire e scendere le
rampe coperte di graffiti. Ma quella sera tutto
cambia: l’ebbrezza di salire su un treno in corsa
infatti si trasforma in tragedia, quando accidentalmente
uccide un uomo.
Si tratta di un dramma
tutto personale. Alex
(A-lex, senza legge, proprio
come il protagonista
di Arancia meccanica) vive
il suo senso di colpa in solitudine:
non si confida con i
genitori, assenti nella sua
vita come nel film, sempre
inquadrati a distanza o di
spalle, sfuocati, né con i suoi
amici. L’unico mezzo per sfogarsi
rimane una lettera a nessuno, scritta e bruciata
per cercar di dare sollievo alla propria
coscienza. E’ un modo particolare e ambiguo di
affrontare il dolore, il suo. A tratti sembra indifferente
al suo gesto, quasi freddo, metodico,
preciso nel costruirsi un alibi, eliminare le prove,
raccontare una storia falsa al detective che indaga
sull’omicidio. Ma allo stesso tempo il silenzio in
cui si chiude, mostrato emblematicamente dalla
sequenza in cui ai dialoghi si sostituiscono le note
felliniane di Amarcord -ogni parola perde senso
di fronte alla tragedia- ci dimostra che qualcosa è
successo dentro di lui, che ha vissuto l’evento
come un trauma, se assimilandolo o facendosene
travolgere è difficile dirlo.
Ottima l’interpretazione dei giovanissimi attori,
tutti non professionisti e reclutati su MySpace,
ma forse proprio per questo così naturali nei
panni che indossano tutti i giorni. Esemplare
anche il montaggio: la pellicola, ora in super 8,
ora in 35, ora in digitale, si snoda tra passato e
presente, flashback e inserti di giovani che skateano,
con un andamento che ricorda proprio
quello della tavola sulla rampa, su e giù, avanti e
indietro, e ci mostra ancora una volta la straordinaria
capacità registica di Gus Van Sant, nuovamente
alle prese col mondo dell’adolescenza.
Senza banalità e stereotipi, proprio come in
Elephant e Last Days. Niente droga, alcool,
videogiochi lobotomizzanti, cellulari e computer:
solo ragazzi normali (o forse proprio per questo
non lo sono?), in un mondo però, in cui si ritrovano
inesorabilmente soli.

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