Dopo l'estate ricominciamo a parlare di libri, iniziando con un volume che di questi tempi è di estrema attualità: Proibito parlare.
Già dal titolo si intuisce che che non stiamo parlando di un harmony né di un argomento facile da digerire, ma al contrario di un libro angosciante che raccoglie alcuni degli articoli di una grande giornalista e soprattutto di una grande donna, una donna che “vive la sua vita e scrive ciò che vede” e che osò opporsi ad una forza troppo grande. Quella donna era Anna Politkovskaya, quella forza è la dittatura putiniana.
Anna è stata assassinata il 7 ottobre 2006 da ignoti, ma non è difficile capire per chi lavoravano se si conoscono gli argomenti scomodi di cui si occupava.
Numerosi infatti sono i suoi pezzi sulla prima e seconda guerra cecena: reportage che descrivono i crimini commessi dai soldati russi contro la popolazione civile, che raccontano dei presunti terroristi e delle condizioni disumane in cui vivono i profughi rifugiatisi in Ossezia del Sud.
E oltre alla Cecenia, altri due temi sono affrontati nel volume: l'attentato al Teatro Dubrovka e quello alla scuola di Beslan, in cui morirono rispettivamente 137 e 349 (di cui 156 bambini) persone.
Non bisogna nemmeno commentare quanto sia commovente e toccante il capitolo riguardante quest'ultima strage, ma una cosa va sottolineata e particolarmente apprezzata: l'oggettività di Anna, che se da una parte disprezza i guerriglieri ceceni per il loro vile gesto, allo stesso modo condanna il completo abbandono delle famiglie delle piccole vittime da parte del governo.
“Scrivere ciò che vedo”, era questo infatti il suo motto, il motto di una giornalista scomoda che il potere ha schiacciato, come ha fatto con tanti altri suoi colleghi morti per aver aver scritto la verità nella Russia “democratica” di Putin. Più di 100, si stima, quelli uccisi tra il 2000 e il 2006.
Conoscendo queste cifre, fa raggelare il sangue un gesto come quello compiuto dal nostro Presidente del consiglio Silvio Berlusconi, che durante una conferenza stampa puntò un mitra immaginario contro una giornalista russa che aveva rivolto una domanda scomoda al primo ministro Putin, causandole una crisi di pianto, a quanto pare, giustificata.
Non è un caso, dunque, che questo libro abbia vinto il Premio Tiziano Terzani 2007: come quello di Terzani si tratta infatti di vero giornalismo, un giornalismo che anche in Italia sarà difficile riottenere.
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giovedì 2 ottobre 2008
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