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martedì 13 maggio 2008

Elezioni 2008


Per commentare i risultati delle elezioni politiche
due in particolare sono i dati da prendere in
esame: la netta vittoria della coalizione del
centro-destra e l'uscita dal parlamento della
sinistra l'arcobaleno.
Fare luce e spiegare le motivazioni che hanno
portato al nuovo assetto politico italiano, dopo
questa tornata infausta di elezioni, non è impresa
facile.
Iniziamo dicendo che il tanto biasimato "voto
utile" si è rivelato un fragile capro espiatorio
utilizzato dai partiti confluiti nella Sinistra
l'arcobaleno per giustificare la loro sconfitta,
invece di prendere coscienza dei propri errori.
Inoltre la non del tutto democratica e poco credibile
legge elettorale ha cancellato la responsabilità
civica e il senso politico. La presenza alle urne
si è così trasformata in una semplice e definitiva
gara tra due sole coalizioni, le quali hanno fagocitato
i gruppi minori.
Antiberlusconismo, antifascismo, il no secco alla
xenofobia, ambiente, integrazione sociale, laicità,
lavoro, istruzione e cultura pubbliche che non
releghino lo studente a mero componente di una
struttura sociale capitalistico-aziendale, politici
faccendieri con amicizie mafiose: sono tutte sfaccettature
di un sentimento che si è manifestato
nel consenso al Pd da parte di una porzione di
italiani che appartengono ad una sinistra coscenziosa
e critica. Porzione che, per intenderci, ci ha
provato ad evitare una legislatura che porterà ad
una deriva illiberale, antidemocratica, intollerante
e statica, il nostro paese. Porzione che, se
non optava per l'astensione politica, come sottolineato
da alcuni politologi, si trovava con una
sola freccia nella faretra. Ora sappiamo tutti cosa
significa mancare il bersaglio.
Se le elezioni primaverili hanno previsto una
dinamica di voto in cui fosse necessario un accumulo
quantitativo e non un consenso qualitativo,
limitando un diritto ottenuto sulle ceneri di un
totalitarismo, cerchiamo allora di analizzare
come essa sia stata determinata da un certo tipo
di strategia comunicativa e politica. I contenuti
della destra si sono soffermati, prepotentemente,
su argomenti che riguardano la sfera del concreto
e del materiale, del privato. Niente di più facile,
da questo punto di vista, in un contesto sociale
dove gli interessi si indirizzano proprio in questo
senso. Espedienti da abile commerciante quali
l'eliminazione dell'ici (come faranno i comuni ad
assolvere alle loro spese senza uno dei loro maggiori
introiti?), il bonus bebè, la detassazione
degli straordinari ( la quale pare sottacere l'idea
di un lavoratore a tempo pieno che ha più denaro
da investire in una logica di consumo sempre più
tout-court) lasciano trasparire l'immagine di un
rapporto uomo-politica che rasenta la compravendita,
dove si cerca di accontentare
nell'immediato allo scopo di rabbonire gettando
il resto in un'approssimazione più o meno generale.
Cinismo e materialismo non mancano né a
Berlusconi, né a chi lo vota.
Le parole chiave come SICUREZZA e IMMIGRAZIONE,
utilizzate come slogan da urlare
nelle piazze, sono risultate un efficace strumento
per fornire ai cittadini una percezione della realtà
distorta e strumentalizzata. A cui però,
purtroppo, la maggioranza degli italiani ha
creduto. L'appoggio ad una politica securitaria e
repressiva si coniuga con una gestione saperecomunicazione
sempre meno libera e indipendente,
regolata da un monopolio dei mezzi di
informazione. E' argomento ormai straccio per
quante volte è stato discusso, ma è bene ricordare
che chi governa oggi, con il possesso di tre reti
private (non regolari di fatto, ma su cui si è continuato
ad abrogare e a legiferare su misura a
discapito dell'ancora recriminante Europa7),
della televisione di stato e di giornali nazionali ha
un'influenza mediatica assimilabile a quel quarto
potere profetizzato da Wells. Il passo verso la
paralisi culturale e politica è molto breve, tenuto
conto del fatto che i cittadini sempre meno
formano la loro coscienza in modo autonomo,
permettendo che questa "si sviluppi" attraverso
un racconto di immagini-parole di stampo prettamente
giornalistico e salottiero a cui viene
affidata maggiore autorità. Prendendo come
esempio la retorica dell'immigrato, cavallo di
battaglia di Bossi e seguaci, possiamo osservare
come sia stata creata una distanza tra la paura
percepita e la paura reale nei confronti dello
straniero e del fenomeno dell'immigrazione. Ma
di nuovo emerge come il "mandiamoli a casa",
autoritario e xenofobo, della lega faccia breccia
nella gente, sia per i motivi di cui sopra, sia per
una mancata riflessione e conoscenza del fenomeno.
Un compito che forse avrebbe dovuto assolvere
quella sinistra che in parlamento non c'è più, e
che invece ha assunto sempre una posizione vaga
e permissiva, mai decisa e propositiva, forse consapevole
dell'insofferenza sempre maggiore
degli italiani. Questo buonismo insipido, su cui
l'interessata è bene faccia mea culpa, ha in parte
dato adito all'incrementarsi di una mentalità
retrograda e incondizionatamente intollerante
che dunque lascia spazio ad una giustizia sommaria,
forcaiola e parziale.
La realtà dello straniero/immigrato è quasi
sempre complicata, figlia di un passato civile
economico ed esistenziale, in patria, travagliato.
E invece lo aspetta un'accoglienza inadeguata e
una legislazione superficiale e repressiva. Si è
parlato davvero poco di quanta manodopera non
italiana venga impiegata nei settori lavorativi più
umili, molto spesso disprezzati dagli italiani
stessi. La non regolarizzazione degli immigrati
porta ad una sempre più elevata ricattabilità contrattuale
ed amplifica il reticolo del lavoro nero, a
discapito del lavoratore stesso (non tutelato) e
dello stato, e a vantaggio, ovviamente, di chi non
ha scrupoli. La sinistra radicale non è riuscita a
fare leva su questi elementi per aprire un dibattito
solido in sede istituzionale e non che riguardasse
la condizione generale del lavoratore oltre
che quella dello straniero.
Se oggi l'operaio vota la Lega o Berlusconi è
anche per questo. Parlamento e luoghi di lavoro,
sindacati e operai sono oggi più lontani che mai.
Anche perchè il lavoratore moderno non è più
politicizzato come in passato, assuefatto dalle
esigenze e condizioni lavorative. Il salario è
l'unico motivo di preoccupazione. Così, ha più
successo chi sentenzia "Roma ladrona" e acclama
il federalismo fiscale.
Se berlusconismi, post-fascismi e leghismi hanno
trovato terreno fertile e una situazione socioculturale
su cui attecchire, ora la sinistra deve
chiedersi chi è, da dove viene e soprattutto dove
vuole arrivare. In questo momento della storia,
nel quale non esiste più una rappresentanza
parlamentare, ognuno di noi deve cercare di
ricreare un'identità vigorosa e coerente su un
territorio di confronto-scontro che ha inevitabili
richiami con un passato, il '68, su cui però non si
può più gongolare. La nostra parola chiave è:
AUTORGANIZZAZIONE.

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